Il settore delle costruzioni e demolizioni, riconducibile alla sigla C&D, rappresenta una delle maggiori fonti di produzione di rifiuti a livello globale, generando volumi che superano di gran lunga quelli dei rifiuti urbani.
Un’enorme quantità di scarti derivante da un’ampia gamma di attività, tra cui la costruzione di nuovi edifici, la ristrutturazione di quelli esistenti e, in particolare, la demolizione di strutture obsolete. La gestione efficace dei rifiuti edili si configura quindi come una priorità ambientale e logistica, ma anche un’opportunità rilevante per l’economia circolare, trasformando materiali di scarto in risorse preziose.
I rifiuti da costruzione e demolizione per loro natura estremamente differenziati. Non si tratta di una singola tipologia di scarto, ma di un complesso mix di materiali che riflette la diversità delle tecniche costruttive, dei materiali impiegati negli edifici e delle specifiche operazioni che li generano.
I rifiuti possono provenire da cantieri di nuova edificazione, da interventi di ristrutturazione (più comuni e diffusi, spesso generando scarti più “puliti” se ben gestiti), o da grandi opere di demolizione, che tendono a produrre volumi maggiori e più complessi da separare. La loro composizione varia significativamente anche in base alla Regione geografica, all’epoca di costruzione degli edifici e alla legislazione locale in materia di gestione dei rifiuti.
Nonostante questo, esistono delle categorie di materiali che ricorrono con maggiore frequenza, dominando i volumi complessivi.
Senza dubbio, la categoria di rifiuti maggiormente prodotta in ambito edilizio è quella dei materiali minerali e inerti, con una frazione costituisce la parte preponderante, spesso oltre l’80-90% del volume totale dei rifiuti C&D. All’interno di questa categoria rientrano principalmente il calcestruzzo e il cemento armato, provenienti da strutture portanti, solai, fondazioni e sono i materiali più diffusi nelle costruzioni moderne.
Troviamo poi mattoni, tegole e ceramiche, che comportano scarti di murature, coperture, pavimenti e rivestimenti, particolarmente abbondanti nelle ristrutturazioni e nelle demolizioni di edifici più antichi.
I materiali lapidei sono riconducibili a pietre naturali (marmo, granito, travertino, arenaria), spesso residuo di lavori di finitura, pavimentazioni esterne o elementi strutturali, mentre i misti bituminosi, provengono dalla demolizione di manti stradali.
Questa tipologia è considerata inerte in quanto non subisce trasformazioni fisiche, chimiche o biologiche rilevanti nel tempo e non rilasciano sostanze inquinanti che possono contaminare il suolo. La loro gestione è relativamente meno problematica dal punto di vista ambientale rispetto ad altri scarti, e il loro potenziale di riciclo è elevatissimo. Possono essere frantumati e riutilizzati come aggregati riciclati per sottofondi stradali, riempimenti, o come materia prima secondaria nella produzione di nuovi materiali edili, chiudendo un ciclo virtuoso di economia circolare.
Nonostante siano presenti in volumi inferiori rispetto agli inerti, il legno, i metalli e il vetro rappresentano componenti rilevanti dei rifiuti edili e rivestono un’importanza economica e ambientale notevole per il loro elevato valore di recupero.
Il legno proviene da diverse fonti all’interno di un cantiere, come pallet, casseforme, impalcature, travi, infissi, pavimenti e imballaggi. Se non trattato con sostanze chimiche pericolose, il legno di scarto è altamente riciclabile e può essere riutilizzato per produrre pannelli truciolari, compost, combustibile per biomasse o, se di qualità superiore, per il settore della carpenteria e riuso diretto.
I metalli, sia ferrosi (ferro, acciaio, ghisa) che non ferrosi (alluminio, rame, piombo), sono tra i materiali più preziosi nei rifiuti edili. Si trovano in strutture portanti, tubazioni, infissi, cavi elettrici e attrezzature. Il loro valore di mercato spinge fortemente verso la raccolta differenziata e il riciclo, che consente un notevole risparmio di energia rispetto alla produzione da materia prima vergine e una grande riduzione delle emissioni, come accade per i pannelli fotovoltaici.
Il vetro, proveniente ovviamente da finestre, vetrate, specchi o elementi decorativi, è un altro materiale con un elevato potenziale di riciclo. Una volta separato per colore e tipo, può essere fuso e trasformato in nuovi prodotti in vetro, riducendo la necessità di estrarre e lavorare nuove materie prime.
La presenza di plastica nei rifiuti edili è in costante aumento, riflettendo il crescente utilizzo di polimeri nell’edilizia moderna. Le plastiche si trovano in imballaggi (pellicole protettive, sacchi), tubazioni (PVC, polietilene), cavi elettrici, teloni, rivestimenti e componenti isolanti. La loro eterogeneità e la presenza di additivi rendono il riciclo più complesso rispetto ad altri materiali, ma nuove tecnologie si stanno sviluppando per migliorare il loro recupero.
Analogamente, i materiali isolanti, come lana di roccia, lana di vetro, polistirene espanso (EPS) e poliuretano, sono sempre più diffusi nei cantieri per le esigenze di efficienza energetica degli edifici e, sebbene siano voluminosi, sono molto leggeri. Il loro riciclo presenta diverse criticità tecniche, ma il riutilizzo e il recupero energetico sono opzioni sempre più considerate per ridurre il loro impatto ambientale in discarica.
Il gesso e i materiali che lo contengono, come le lastre di cartongesso, sono un’altra componente dei rifiuti da ristrutturazione e demolizione interna. E’ un materiale con un ottimo potenziale di riciclo, in quanto può essere rigenerato per produrre nuovo gesso o fertilizzanti. Tuttavia, richiede una raccolta differenziata accurata, poiché la contaminazione con altri materiali (come carta o metallo) può comprometterne il processo di riciclo. Molte normative europee e nazionali stanno incentivando la separazione del gesso per favorirne il recupero.
Sebbene costituiscano una percentuale minoritaria in termini di volume, i rifiuti pericolosi in ambito edilizio richiedono una gestione estremamente rigorosa a causa del loro potenziale impatto sulla salute umana e sull’ambiente. Tra questi, i più noti e problematici sono ovviamente l’amianto, presente in coperture (eternit), tubazioni, isolamenti. La sua rimozione, bonifica e smaltimento sono soggetti a normative stringenti e devono essere eseguiti da personale specializzato.
A questo si aggiungono le vernici, i solventi e gli adesivi, ricchi di sostanze chimiche tossiche, gli oli esausti, derivanti da macchinari e attrezzature, il catrame e materiali bituminosi contenenti amianto, le terre e rocce da scavo contaminate con sostanze inquinanti, e i materiali contenenti piombo.
La corretta identificazione, stoccaggio, etichettatura e smaltimento di questi rifiuti è fondamentale per prevenire la contaminazione e garantire la sicurezza dei lavoratori e della comunità.
La comprensione della composizione dei rifiuti edili è strettamente legata alla promozione di pratiche più sostenibili. La demolizione selettiva, che prevede lo smontaggio e la separazione dei materiali direttamente in cantiere prima della demolizione vera e propria, è una strategia chiave che consente di ottenere flussi di materiali più puri e di elevata qualità, massimizzando il potenziale di riutilizzo e riciclo.
L’adozione dei principi dell’economia circolare nel settore delle costruzioni è essenziale, perché non significa solo recuperare e riciclare i rifiuti, ma anche progettare gli edifici per la loro “scomponibilità” futura, favorendo il riuso dei materiali, riducendo la necessità di nuove materie prime e minimizzando gli scarti fin dalla fase di progettazione.