L’amianto, il famoso minerale fibroso un tempo largamente utilizzato in edilizia e nell’industria per le sue proprietà isolanti e ignifughe, è oggi tristemente noto per essere un agente cancerogeno di classe 1.
La sua esposizione, anche a basse dosi, può causare patologie gravi e spesso letali, tra cui il mesotelioma. La Puglia, con la sua storia industriale e la presenza di numerosi siti contaminati, rappresenta un’area particolarmente colpita da questa emergenza sanitaria, malgrado una legge ad hoc che ormai risale a oltre 30 anni fa.
Il mesotelioma è un tumore raro e altamente aggressivo che si sviluppa dalle cellule del mesotelio, la sottile membrana che riveste gli organi interni. A seconda dell’area interessata, si distinguono diverse tipologie di mesotelioma: pleurico (il più comune, che colpisce i polmoni), peritoneale (nell’addome), pericardico (attorno al cuore) e della tunica vaginale (attorno ai testicoli).
La caratteristica più insidiosa di questa malattia è il lungo periodo di latenza, che può variare da 20 a 50 anni dall’esposizione all’amianto. Questo significa che le persone esposte decenni fa stanno manifestando la malattia solo oggi, o la manifesteranno in futuro, nonostante il divieto di produzione e commercializzazione dell’amianto in Italia dal 1992 (Legge 257/92).
I sintomi del mesotelioma, come dolore toracico, affanno, tosse persistente e perdita di peso, compaiono spesso in fase avanzata, rendendo la diagnosi precoce estremamente difficile e le prospettive di cura purtroppo limitate. La diagnosi avviene solitamente tramite radiografie, TAC, risonanza magnetica e biopsia e le opzioni terapeutiche includono chirurgia, chemioterapia e radioterapia, ma la prognosi rimane severa.
L’esposizione all’amianto può avvenire principalmente in due modi: professionale e ambientale/domestica. L’esposizione professionale è la causa più frequente di mesotelioma. Settori come l’edilizia, la cantieristica navale, l’industria siderurgica, ferroviaria e l’industria manifatturiera hanno impiegato massicciamente l’amianto fino al suo bando, esponendo direttamente milioni di lavoratori per lunghi periodi di tempo e ad alte concentrazioni, evidenziando una palese correlazione.
Tuttavia, anche l’esposizione ambientale può rappresentare un rischio da attenzionare con la massima cura. Le persone che vivono in prossimità di siti industriali contaminati o discariche abusive di amianto possono inalare le fibre rilasciate nell’aria. Inoltre, l’esposizione domestica può verificarsi quando le fibre di amianto vengono portate a casa sui vestiti dei lavoratori, esponendo i familiari.
In Puglia, come detto, la presenza diffusa di manufatti in eternit ancora in uso su coperture, serbatoi e tubature, in edifici pubblici e privati, scuole e strutture sanitarie, costituisce un rischio costante per la popolazione.
La Puglia, come detto, è una delle regioni italiane con un’incidenza rilevante di mesotelioma. Secondo quanto riportato da fonti l’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA), tra il 1993 e il 2025 sono stati registrati 2.281 casi di mesotelioma in Puglia. Un numero che, sebbene elevato, è in linea con le stime nazionali, dove si registrano in media 1.545 decessi per mesotelioma ogni anno tra il 2010 e il 2020.
I dati indicano che la patologia è più comune negli uomini (circa il 68,9% dei casi a livello nazionale), con la maggior parte delle esposizioni di tipo professionale.
La provincia di Bari, in particolare, è tra le più colpite in Puglia, evidenza dovuta in larga parte alla presenza storica di importanti siti industriali, come la ex Fibronit, che per decenni ha utilizzato l’amianto nelle sue lavorazioni, esponendo un gran numero di lavoratori e, indirettamente, anche la popolazione residente attraverso l’inquinamento ambientale.
Il Registro Mesoteliomi Puglia (RE.NA.M.), operativo presso l’Università degli Studi di Bari fin dal 1988 e formalmente riconosciuto dalla Regione Puglia nel 1996, svolge un ruolo fondamentale nel monitoraggio dell’incidenza della malattia, nell’identificazione delle fonti di esposizione e nella valutazione dell’efficacia delle misure di prevenzione.
Le aree con le maggiori concentrazioni industriali e le attività portuali presentano anch’esse un elevato numero di casi. A Taranto, ad esempio, sono stati registrati 472 casi di mesotelioma tra il 1993 e il 2015, di cui oltre il 70% correlati all’esposizione lavorativa, in particolare nelle ex acciaierie Ilva e nell’Arsenale della Marina Militare. Questi dati, forniti dal RE.NA.M e citati da associazioni come Contramianto onlus, evidenziano la gravità della situazione e la necessità di interventi mirati.
Nonostante il divieto di legge del 1992, la bonifica dell’amianto è un processo lento e complesso. La vasta quantità di materiale ancora presente sul territorio italiano e pugliese rende la rimozione e lo smaltimento un’impresa enorme e costosa.
I ritardi nella bonifica contribuiscono a mantenere un rischio latente per la salute pubblica e, in quest’ottica, è essenziale accelerare i processi di censimento, mappatura e rimozione dell’amianto, garantendo al contempo la sicurezza dei lavoratori coinvolti nella bonifica, attraverso attività costanti di prevenzione primaria, la strategia migliore per contrastare il mesotelioma a livello nazionale e regionale, una priorità per il Ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità che continuano a monitorare l’impatto dell’amianto sulla mortalità e a promuovere azioni preventive.
In Puglia, iniziative come il Piano Regionale Amianto Puglia (PRAP) mirano a coordinare gli sforzi per la bonifica e la sorveglianza, sebbene la strada sia ancora lunga e richieda un impegno costante da parte delle istituzioni ma anche della cittadinanza che deve essere consapevole dei rischi e agire responsabilmente.
La sorveglianza sanitaria delle persone esposte, in particolare degli ex lavoratori, è un altro elemento fondamentale della prevenzione secondaria. Controlli medici regolari possono aiutare a diagnosticare precocemente le patologie correlate all’amianto, migliorando le possibilità di trattamento.