L’era digitale ha trasformato radicalmente le nostre vite, rendendoci dipendenti da una miriade di apparecchi elettronici: smartphone, computer, televisori, elettrodomestici intelligenti e molto altro. Se da un lato questi dispositivi offrono comfort e connettività senza precedenti, dall’altro presentano una sfida ambientale di proporzioni crescenti: la gestione del loro ciclo di vita e, in particolare, il loro smaltimento. L’analisi del ciclo di vita degli apparecchi elettrici ed elettronici (AEE) rivela l’impatto concreto e gravoso che essi hanno sull’ambiente, dalla fase di estrazione delle materie prime fino al fine vita.
È in questo contesto che il riciclo, e più in generale il modello dell’economia circolare, assume un ruolo fondamentale e indispensabile.
Il percorso di un apparecchio elettronico, dalla sua concezione al suo disuso, può essere suddiviso in diverse fasi, ognuna con un proprio impatto ambientale.
Si parte ovviamente dall’estrazione delle materie prime. La produzione di AEE richiede una vasta gamma di risorse naturali, molte delle quali “critiche” e non rinnovabili. Si pensi a metalli preziosi come oro, argento, palladio, platino, ma anche a rame, stagno, cobalto, litio e terre rare.
L’estrazione di questi materiali è spesso associata a processi ad alta intensità energetica, consumo idrico significativo, distruzione degli habitat naturali e, in alcuni casi, sempre più frequenti purtroppo, sfruttamento del lavoro minorile e condizioni di lavoro precarie. Ad esempio, l’estrazione di cobalto, essenziale per le batterie al litio, è spesso legata a gravi questioni etiche e ambientali.
Si passa poi alla produzione, una fase che comporta la trasformazione delle materie prime in componenti e l’assemblaggio dei dispositivi finiti. I processi produttivi sono energivori e spesso generano significative emissioni di carbonio e rifiuti industriali. L’impronta di carbonio di un dispositivo elettronico è spesso dominata dalla sua fase di produzione, con stime che indicano che il settore delle AEE è responsabile di oltre il 2% delle emissioni globali di CO2, con previsioni di aumento fino al 14% entro il 2040 se non verranno attuate pratiche più sostenibili.
Il trasporto dei prodotti finiti dai luoghi di produzione ai mercati di consumo a livello globale e la distribuzione contribuiscono ulteriormente alle emissioni di gas serra. Anche l’imballaggio, spesso eccessivo e non riciclabile, e la vendita rappresentano fonti di rifiuti
Durante la fase di utilizzo, l’impatto ambientale è principalmente legato al consumo energetico del dispositivo e alla necessità di aggiornamenti software o sostituzione di componenti (come le batterie). L’efficienza energetica degli apparecchi è migliorata nel tempo, ma la loro proliferazione e l’uso continuo compensano spesso questi miglioramenti.
Questa è la fase più critica e in rapida crescita. I “Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche” (conosciuti da tempo con l’acronimo RAEE) rappresentano una delle tipologie di rifiuti in più rapida espansione a livello globale.
Ogni anno vengono generate decine di milioni di tonnellate di RAEE, con proiezioni che indicano una crescita vertiginosa, raggiungendo potenzialmente 75 milioni di tonnellate nel 2030 e addirittura 120 milioni di tonnellate all’anno entro il 2050, configurandosi come un vero e proprio “tsunami di rifiuti elettronici”, utilizzando una citazione da parte dell’OMS, in merito all’allarme che questo trend sta generando.
Lo smaltimento non corretto dei RAEE ha conseguenze devastanti per l’ambiente e la salute umana. Questi rifiuti contengono una miscela complessa di materiali, molti dei quali pericolosi e tossici, come piombo, mercurio, cadmio, cromo esavalente e ritardanti di fiamma bromurati.
Se non trattati adeguatamente, queste sostanze possono diventare agenti infiltranti contaminare il suolo, le falde acquifere e l’aria, causando danni irreversibili agli ecosistemi e mettendo a rischio la salute delle persone attraverso l’esposizione diretta o l’ingresso nella catena alimentare. Tra i problemi possiamo considerare disturbi neurologici, problemi respiratori e persino il cancro.
Per questo è fondamentale affidarsi a società specializzate nello smaltimento RAEE e seguire le normative in merito, di cui parleremo in seguito.
Inoltre, il mancato riciclo dei RAEE rappresenta una perdita enorme di risorse preziose. Come evidenziato da studi autorevoli, i RAEE sono una “miniera urbana” ricca di materiali recuperabili. Si stima che dai piccoli elettrodomestici, ad esempio, si possa recuperare fino al 92% di materiali riutilizzabili, tra cui metalli ferrosi (52%), plastica (24%), alluminio (2,2%) e rame (2,5%). Non recuperare questi materiali significa dover estrarre nuove materie prime, perpetuando il ciclo di impatto ambientale e consumo di energia.
Di fronte a queste criticità, il riciclo e l’adozione di un modello di economia circolare si rivelano non solo necessari, ma fondamentali. L’economia circolare, in opposizione al tradizionale modello lineare “prendi-produci-usa-getta“, mira a massimizzare il valore dei prodotti, componenti e materiali mantenendoli in uso il più a lungo possibile, riducendo al minimo la produzione di rifiuti.
I benefici del riciclo dei RAEE e dell’economia circolare sono molteplici. Come detto in precedenza, il riciclo riduce la necessità di estrarre nuove materie prime, con conseguente diminuzione del consumo di energia, delle emissioni di gas serra e della distruzione degli habitat, prevenendo inoltre la dispersione di sostanze tossiche nell’ambiente.
Inoltre, il processo di riciclo richiede generalmente molta meno energia rispetto alla produzione di nuovi materiali da materie prime vergini e il recupero di materiali dai RAEE contribuisce anche a ridurre la dipendenza da paesi terzi per l’approvvigionamento di risorse critiche, aumentando la resilienza economica e la competitività.
Inoltre, l’industria del riciclo e della gestione dei RAEE è un settore in crescita che può generare occupazione, innovazione e nuovi modelli di business (ad esempio, servizi di riparazione, riutilizzo e ricondizionamento). Si stima che la transizione verso un’economia circolare possa creare centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro in Europa entro il 2030, spingendo contestualmente i produttori a progettare AEE che siano più durevoli, facilmente riparabili, aggiornabili e smontabili per facilitarne il riciclo a fine vita (il cosiddetto ecodesign).
L’Unione Europea ha da tempo riconosciuto l’importanza della gestione dei RAEE, emanando direttive specifiche recepite poi dalle legislazioni nazionali. In Italia, il D. Lgs. 49/2014, che recepisce la direttiva europea 2012/19/UE, è la normativa di riferimento per la gestione dei RAEE.
Essa stabilisce il principio della responsabilità estesa del produttore, obbligando i produttori di AEE a finanziare e organizzare la raccolta, il trattamento e il recupero dei loro prodotti a fine vita. Vengono anche fissati target di raccolta, con l’obiettivo del 65% del peso medio delle AEE immesse sul mercato nei tre anni precedenti.
Nonostante gli sforzi legislativi e l’esistenza di consorzi di gestione dedicati (come il Centro di Coordinamento RAEE), l’Italia, al pari di altri Paesi europei, è ancora lontana dal raggiungere pienamente gli obiettivi di raccolta. I dati mostrano una contrazione nella raccolta di questi rifiuti domestici e una necessità di incrementare i volumi per sfruttare pienamente il potenziale di recupero di materia, soprattutto per quanto riguarda le materie prime critiche.
I principali problemi al riguardo sono collegati alla complessità intrinseca dei RAEE, la difficoltà nel separare i vari materiali, la necessità di infrastrutture adeguate e la sensibilizzazione dei cittadini a conferire correttamente i propri dispositivi esausti nei centri di raccolta comunali o presso i punti vendita.